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Vere da pozzo
Venezia è senza dubbio uno spettacolo unico, una sinfonia di tesori, monumenti, palazzi, scorci, storia, poesia e molte altre cose ancora, e a volte si resta abbagliati da tutta questa bellezza che non ci si rende conto che proprio davanti agli occhi ci sono degli spettacoli di architettura, di arte ma anche di ingegneria che passano quasi inosservati. E’ questo il caso delle vere da pozzo, veri e propri gioielli d’arte e soprattutto dell’ingegno tipicamente veneziano che hanno contribuito a rendere così potente la Serenissima.
Può sembrare strano che una città attraversata e circondata da così tanta acqua abbia sempre avuto problemi per l’approvvigionamento idrico.
Marin Sanudo, storico e cronista veneziano, intorno ai primi anni del 1500 scriveva “Venezia è in acqua et non ha acqua” (“Venezia è in acqua ma senza acqua”).
A causa della sua conformazione geologica, le uniche aree dove erano presenti delle ricche vene d’acqua dolce erano i lidi, dove sono stati trovati dei pozzi naturali, formatisi dall’accumularsi dell’acqua piovana filtrata e depurata dalla sabbia.
Il ritrovamento di questi pozzi potrebbe aver influenzato il metodo costruttivo dei pozzi, perché solo a Venezia si usarono strati di sabbia per filtrare e rendere potabile l’acqua piovana.
Già nell’Alto Medioevo i cittadini avviarono la costruzione di cisterne sotterranee, mentre il governo incoraggiava e promuoveva la realizzazione di impianti idrici.
La soluzione ai problemi idrici di una popolazione sempre in crescita alla fine fu trovata grazie alla realizzazione dei “pozzi alla veneziana”.
Queste strutture fungevano sia da cisterna per l’acqua dolce, che veniva portata dai fiumi Brenta e Sile (compito della “Corporazione degli Acquaioli” fondata nel 1386), che per la depurazione dell’acqua piovana.
Una volta individuata la posizione migliore per la costruzione del pozzo si procedeva con l’esecuzione dello scavo, solitamente non più profondo di 5 metri sotto il livello del mare, a volte sopraelevando un intero campo, per raggiungere la profondità necessaria e per evitare che l’acqua salmastra della laguna entrasse nella cisterna in conseguenza all’alzarsi della marea.
Le pareti e il fondo della cisterna sotterranea venivano ricoperte da uno strato di argilla che la rendeva impermeabile ad eventuali infiltrazioni di acqua salmastra dal sottosuolo.
L’argilla veniva poi ricoperta con strati di sabbia pulita, di diversa finezza, che veniva costantemente bagnata, e che aveva i compito di filtrare l’acqua piovana.
L’acqua piovana veniva raccolta all’interno del pozzo attraverso due o quattro tombini in pietra d’Istria, detti “pilelle”, che venivano disposti in maniera simmetrica rispetto alla canna del pozzo.
In certi pozzi il perimetro della cisterna sottostante veniva segnalato in superficie da una cornice in pietra d’Istria tuttora visibile
Al di sotto delle “pilelle” venivano costruite delle strutture in mattoni dalla forma di campane aperte sul fondo, per convogliare più acqua possibile, mentre la pavimentazione soprastante era leggermente sopraelevata attorno ai tombini, per aiutare il defluire dell’acqua grazie alla forza di gravità.
Sul fondo della cisterna, al centro dello scavo, veniva posta una lastra di pietra d’Istria su cui si costruiva la canna del pozzo in mattoni speciali, detti “pozzali”, che consentivano all’acqua piovana filtrata di entrare nella canna.
Nella sommità della canna, solitamente sopraelevata da uno o due gradini, veniva posta la vera da pozzo, l’unica parte della struttura esterna alla pavimentazione.
Solitamente le vere da pozzo erano costruite in pietra d’Istria e calcare veronese, anche se in alcuni casi, nei pozzi più antichi, erano ricavate da grandi capitelli provenienti da costruzioni di epoca romana.
Col tempo e con l’evolversi del gusto architettonico le vere da pozzo sono diventate dei veri e propri elementi ornamentali, con moltissime forme e decorazioni diverse.
La costruzione di un pozzo era sicuramente un lavoro economicamente molto impegnativo, a causa della complessità del procedimento, e la Repubblica incoraggiava le famiglie nobili a donare un pozzo alla città, dando lustro alla casata. Per questo motivo moltissimi pozzi riportano stemmi nobiliari, iscrizioni e bassorilievi relativi alla famiglia che si era fatta carico della costruzione.
L’ubicazione dei pozzi poteva essere molto varia: dal campo al chiuso delle case, in corti private o in chiostri.
La manutenzione era necessaria, affinché il pozzo si mantenesse sempre in ordine e salubre, ed era la Repubblica che si occupava di questo, assicurando un assidua sorveglianza da parte dei fanti dei Provveditori alle Acque.
Dovevano effettuare controlli anche i parroci e i capi contrada, ai quali era affidata la custodia delle chiavi delle cisterne, che venivano aperte due volte al giorno (mattina e sera) al suono della “campana dei pozzi”.
Secondo una statistica redatta dall’Ufficio tecnico comunale del 1 dicembre 1858, a quel tempo erano presenti 6046 pozzi privati, 180 pubblici, oltre a 556 già interrati.
Nel XlX secolo, con la costruzione dell’acquedotto cittadino, l’impiego dei pozzi venne progressivamente abbandonato e i pozzi vennero chiusi alla sommità con coperture in metallo o cemento per motivi di sicurezza.
Ad oggi i pozzi ancora presenti sono 600 e svolgono una funzione puramente estetica, in una città che in passato ha sempre saputo migliorarsi attraverso le difficoltà, grazie all’ingegno e alla buona volontà dei suoi abitanti.
Fonti
A. Penso, I Pozzi, in ArcheoVenezia del 4 dicembre 1995
http://venezia.myblog.it/2016/01/20/le-vere-pozzo-venezia-straordinario-sistema-idrico-ornamento-della-serenissima/
https://it.wikipedia.org/wiki/Pozzo_(Venezia)
https://it.wikipedia.org/wiki/Vera_da_pozzo
http://veredapozzo.com
https://venicewiki.org/wiki/Vere_da_pozzo
Scala Contarini del Bovolo
Palazzo Contarini del Bovolo è un edificio tardo gotico nel sestiere di San Marco, nelle vicinanze di Campo Manin, che si affaccia sul rio di San Luca.
Il Palazzo, costruito tra il Trecento e il Quattrocento, era la dimora della famiglia Contarini “di San Peternian”.
Nel 1499 Pietro Contarini, Marco Contarini e Giovanni Battista Contarini, senatori della Serenissima Repubblica di Venezia, fecero aggiungere la famosa scala a chiocciola (bovolo significa chiocciola in veneziano) che da quel momento ha dato il nome non solo al palazzo ma a tutta la famiglia, che viene soprannominata Contarini “dal Bovolo”.
La scala rappresenta una perfetta sintesi di diversi stili, con i suoi elementi rinascimentali, la tecnica costruttiva tipica del gotico e la forma veneto-bizantina.
Inizialmente la scala aveva il solo scopo di ornamento della facciata interna del palazzo, per accrescere il prestigio e la popolarità della casata.
All’inizio dell’Ottocento il palazzo fu acquistato dalla ditta Emery, dalla quale fu affittato da Arnoldo Marseille, che vi aprì l’albergo detto “del Maltese” nel 1803, e da cui proviene il nome della corte (corte del Maltese) sulla quale si affaccia i palazzo.
Nel 1859, dal belvedere della torre Wilhem Tempel, litografo tedesco e dilettante in astronomia, scoprì una cometa che porta il suo nome.
L’attuale proprietario ha disposto nel cortiletto retrostante un importante collezione di vere da pozzo, che fanno da cornice alla facciata con la scala a chiocciola più imponente e pregevole di Venezia.
Dalla metà dell’Ottocento fino agli inizi del Novecento la storia del Palazzo si lega con le vicende dell’assistenza a Venezia, fino a quando diventa sede dell’IRE (Istituzione di Ricovero ed Educazione), che amministra le istituzioni di ricovero sparse per la città.
Clicca qui per vedere l’acquerello “Scala Contarini del Bovolo” >
Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Contarini_del_Bovolo
https://it.wikipedia.org/wiki/Contarini#Contarini_dal_Bovolo
http://www.scalacontarinidelbovolo.com
https://it.wikipedia.org/wiki/Ernst_Wilhelm_Tempel