Anno: 2018
29 Ottobre: un normale giorno di acqua alta straordinaria
Vedete queste persone? Le vedete bene? Ecco.
Questi sono degli idioti.
Queste persone sono state fotografate l’11 novembre 2012 in Piazza San Marco, quando l’acqua alta a Venezia ha raggiunto i 140 centimetri. Queste persone fanno parte della stragrande maggioranza dei turisti che ogni anno visitano Venezia pensando che non sia una città con i suoi problemi, i suoi abitanti, i suoi drammi, ma un parco divertimenti in cui tutto è “finto”, tutto è divertente e tutto è lecito perché -come spesso si sente dire- “io pago per stare qui”.
Un’altra considerazione: questi idioti stanno facendo il bagno in un’acqua sporca, perché forse non lo sapete ma parte delle fogne di Venezia scaricano nei canali… e vi assicuro che quell’acqua puzza come poche cose al mondo!
Questo articolo non vuole essere polemico, vuole essere semplicemente la cronaca di cosa è successo dal mio punto di vista il 29 ottobre 2018, quando l’acqua a Venezia ha raggiunto i 160 centimetri (20 centimetri più alta della foto sopra). E voglio in qualche modo informare le persone su alcuni aspetti dell’acqua alta che forse non conoscono o a cui non hanno mai pensato.
E vorrei cercare di far capire a molti che magari non lo sanno, o che magari non ci hanno mai pensato, che per la maggior parte delle persone che vive e soprattutto lavora a Venezia, un’acqua alta di queste proporzioni è un vero e proprio dramma.
Per questo vedere turisti che si divertono a fare foto come quella che ho pubblicato sopra fa rabbia, perché è un’inconsapevole presa in giro delle persone che subiscono gravi danni, economici e perfino psicologici.
Per esempio: mentre avevo il negozio completamente allagato e cercavo disperatamente di salvare il possibile, fuori c’erano persone che passavano e volevano fare delle foto a me e al negozio sommerso.
Questi non li considero turisti, questi sono sciacalli.
Perché vi assicuro che vedere il proprio laboratorio, il proprio negozio, la propria abitazione invasi dall’acqua non fa certo piacere.
Io personalmente mi sono sentita persa quando ho visto che tutte le misure che avevo preso per contrastare questo fenomeno erano state vane.
Ma andiamo con ordine.
L’allarme acqua alta era cominciato diversi giorni prima, quando il servizio di previsioni maree aveva annunciato un’acqua alta molto sostenuta per il giorno 28 nel pomeriggio. Il giorno prima quindi ho provveduto ad alzare tutti i materiali che solitamente sono appoggiati al pavimento e quelli che erano a un livello più basso.
Bisogna tenere conto di una cosa: io ho due paratie (una per la porta davanti e una per la porta che dà sul cortile dietro) e una pompa che “sputa” fuori l’acqua quando raggiunge un certo livello e che per le acque alte “normali” mi consente di stare relativamente tranquilla. Il problema però è che dopo una certa misura (attorno ai 115 centimetri, quindi praticamente ogni volta che c’è acqua alta) l’acqua alta comincia a salire dal pavimento..! Ad ogni modo, per acque alte così ci sono solo molti fastidi ma non veri e propri danni.
Qui di seguito c’è la foto-storia di quello che è successo quel giorno.
Il giorno prima ho preparato tutto: ho sollevato tutto per proteggere i materiali.
29 Ottobre: l’acqua comincia a salire…
Il livello dell’acqua supera la vetrina e si avvicina pericolosamente al bordo della paratia. L’acqua comincia a salire anche dal pavimento.
A questo punto siamo davvero troppo vicino, il vento di scirocco continua a soffiare ed è un attimo: l’acqua passa la paratia, entra in studio e invade tutto. La paratia non serve più, la pompa non serve più: non c’è più differenza tra interno ed esterno. Le cose a un livello inferiore iniziano a galleggiare e girano per il negozio.
Anche il cortile retrostante è inondato, sommergendo e rovinando le mie amate piante che avevo inutilmente posto sopra alcuni rialzi di legno.
La marea di solito cresce per 6 ore e poi cala per le successive 6 ore. Questa volta, a causa delle avverse condizioni atmosferiche (soprattutto il forte vento di scirocco), la marea è diminuita molto poco, tanto che il minimo è stato di circa 130 centimetri. E la sera l’acqua è tornata di nuovo alta. Per fortuna poi, dopo la mezzanotte, il vento ha perso forza e l’acqua ha cominciato a scendere, lasciando dietro di sé solo sporcizia e un pessimo odore (….e pensate che c’è chi ci fa il bagno!).
Il cortile dietro era un disastro
Ci sono voluti quasi tre giorni per pulire, disinfettare e asciugare tutto. Un lavoro molto duro, e mi rendo conto che io sono molto fortunata perché non ho subito gravi danni. Ci sono molti commercianti e artigiani con macchinari elettrici che hanno subito danni irreparabili, danni economici e che ora devono ricominciare da capo investendo denaro: quest’acqua alta non è divertente, è una disgrazia.
Questa mia testimonianza non vuole essere assolutamente un modo per “piangersi addosso” o autocelebrarsi: voglio solo cercare di far capire a chi non conosce il fenomeno dell’acqua alta cosa c’è veramente dietro qualcosa che a molti può sembrare divertente, ma che in realtà comporta solo danni e giornate di duro lavoro.
Colgo l’occasione per salutare tutti voi che forse avete imparato qualcosa da questo articolo e tutti gli artigiani di Venezia che non si arrendono.
Arianna
PS: Per portare fuori Bic, il mio cane che mi fa sempre compagnia in studio, a fare i suoi “bisogni” serali ho dovuto prenderlo in braccio e trovare un posto abbastanza alto in cui potesse camminare e non nuotare… un’impresa! E anche lui non era molto contento… 🙂
Stampa di linoleografie a Venezia
Una linoleografia è un tipo di stampa a rilievo molto simile alla xilografia. Quando si stampa una linoleografia, si incide un’immagine in un blocco di linoleum (nella xilografia si usa il legno) e ciò che resta del blocco viene inchiostrato e poi stampato.
Mi piace moltissimo lavorare il linoleum, e in questo articolo vorrei condividere con voi la parte più bella del processo (l’ultima parte): la stampa vera e propria.
Prima di stampare, ho inciso due matrici (o blocchi) di linoleum (la parte più difficile e lunga del processo di stampa): ogni matrice alla fine stamperà un colore diverso sulla carta.
Quando le matrici sono pronte, posso concentrarmi sulla preparazione dei colori.
Il colore che ho usato per la prima stampa è un verde chiaro che ho creato mescolando giallo, bianco e verde permanente, un bel verde brillante che aveva bisogno di essere un po’ schiarito e “spento”.
Ho poi diluito leggermente l’inchiostro con dell’olio di vaselina, amalgamandolo bene con l’aiuto della spatola di metallo.
Vi svelo un piccolo segreto: una volta pronti, conservo sempre i colori in una busta di carta da cucina, per mantenerli freschi a lungo!
Una volta scelto il colore, l’ho steso sul mio piano di inchiostrazione (in plexiglas) con l’aiuto di una spatola di gomma.
Passando ripetutamente sull’inchiostro, in verticale ed orizzontale, il rullo si inchiostra omogeneamente.
Ho poi portato l’inchiostro dal rullo alla lastra, facendo attenzione a coprire interamente la mia matrice.
Ho posizionato il foglio su una tavoletta di legno, che funge da piano del mio torchio, e sopra di esso la lastra di gomma inchiostrata. Una tavoletta uguale a quella inferiore viene messa sopra alla lastra, ed infine un foglio di gomma morbida, per ammortizzare la pressione del torchio.
Ho inserito il “sandwich” nel torchio e ho stretto la pressa per qualche secondo.
Tolgo pressione e vedo il risultato, staccando dolcemente la lastra dal foglio.
E questo è il risultato: il primo colore è fatto!
Ora procedo con il secondo colore, ripetendo gli stessi passaggi passi ma naturalmente usando la seconda matrice! 🙂
Per il secondo colore avevo bisogno di un verde più scuro, ma che si accordasse bene col primo.
Ho mescolato lo stesso verde brillante della matrice chiara con del grigio di payne, un grigio che tende molto al blu.
E questo è il risultato finale!
Questa è la tecnica che ho utilizzato per tutte le mie linoleografie.
Se volete saperne di più sulla tecnica della linoleografia e se volete provare a realizzare una linoleografia fatta da voi, potete provare uno dei miei corsi: sono sicura che vi piacerà e rimarrete affascinati da questa bellissima tecnica di incisione!
Toponomastica veneziana: Campi, Campielli, Corti
Se a Venezia non ci sono strade ma calli (a parte poche eccezioni, come abbiamo imparato leggendo questo articolo), lo stesso discorso vale per le piazze: se sentite parlare di “piazza”, non potrete che riferirvi a Piazza San Marco, l’unica e sola Piazza di Venezia.
Tutte le altre zone della viabilità che nel resto del mondo si chiamano piazze, a Venezia sono Campi.
Il campo, come si deduce dal termine, in antichità era ricoperto d’erba ed adibito alla coltivazione, con orti e alberi da frutto, oppure vi si potevano trovare pecore o cavalli al pascolo.
Solo più recentemente i campi sono stati lastricati, ma esiste ancora una testimonianza di come dovevano apparire i campi ai tempi della Serenissima, per vederla basta visitare il campo di San Pietro di Castello, con i suoi prati e alberi.
Il significato sociale del campo è sempre stato molto forte, essendo Venezia una città policentrica, costruita su numerose isole che vivevano una vita a sè stante.
Lo spazio aperto attorniato da case era un luogo di ritrovo per gli abitanti, dove si svolgeva il mercato e affacciavano le botteghe artigiane.
Nel campo affacciava sempre una chiesa, con annesso cimitero; la funzione del campo come luogo di sepoltura è ancora indicata in alcuni casi con la presenza di un area sopraelevata di più di un metro rispetto alla normale viabilità (Napoleone ha poi vietato la pratica della tumulazione nei campi, spostando il cimitero nell’attuale isola di San Michele).
Nei campi più grandi si svolgevano anche processioni e manifestazioni religiose, oltre a tornei e discorsi pubblici.
Anche in tempi molto più recenti, il campo è stato (ed è tuttora, anche se lo spopolamento di Venezia fa sentire drammaticamente i suoi effetti) il luogo di ritrovo dei bambini che giocavano soprattutto a calcio o ai giochi più diversi, come il salto della corda o andare sui pattini.
Altra figura immancabile in ogni campo era il pozzo, unica fonte di approvvigionamento idrico della città, prima della costruzione dell’acquedotto.
Fortunatamente si possono tuttora ammirare i numerosissimi pozzi con le loro vere da pozzo finemente lavorate, anche se inutilizzati (sul funzionamento dei pozzi leggi questo articolo).
I campi devono il loro nome spesso a chiese che vi sorgono (o sorgevano), ma anche a famiglie importanti che vi risiedevano o a mestieri che in antichità vi venivano svolti.
Quando il campo è di dimensioni ridotte si parla di Campiello, spesso solo uno slargo della calle o un appendice di un campo pi grande, è solitamente privo di pozzo e attorniato da case.
Nel campiello la vita sociale era ancora più tipica, perché di fatto formava il centro di un micro quartiere, dove si intesseva il tessuto sociale della città, con i pettegolezzi, i litigi e il chiacchiericcio popolare di una città viva e affollata. Carlo Goldoni nella sua commedia “Il campiello” racconta proprio queste abitudini.
L’importanza del campiello è testimoniata anche dal nome dato all’importante premio letterario Il campiello, uno dei più prestigiosi e conosciuti premi letterari italiani.
Ancora più piccolo del campiello è la Corte, che solitamente ha una sola entrata attraverso un sottoportico o una calle a volte munita di cancello. Di fatto la corte era considerata un estensione della casa, dove si potevano trovare le donne di casa che, durante la bella stagione, sedute di fianco alla loro porta, svolgevano attività casalinghe come la pulizia di pesce e verdure, il cucito e il ricamo, e la pratica dell’infilare perline in un filo per la fabbricazione di collane, attività tipica che in dialetto viene chiamata “impiraperle”.
Fonti
https://venicewiki.org/wiki/Campo
https://www.innvenice.com/Toponomastica-Venezia.htm
https://venipedia.it/it/campi
https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_(Venezia)
https://it.wikipedia.org/wiki/Campiello
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_(Venezia)
Toponomastica Veneziana: Calle, Calle Larga, Salizada, Rio terà, Ramo, Sotoportego
A Venezia ogni cosa è diversa dal resto del mondo ed ha un nome particolare che la caratterizza.
Nemmeno le strade riescono ad essere semplici vie per trasportare persone e cose ma sono occasioni per vedere ad ogni passo dei luoghi magnifici.
Se a Venezia cercherete una strada, troverete solo Strada Nova, situata nel sestiere di Cannaregio, vera e propria arteria cittadina.
Con Strada Nova viene comunemente indicato il lungo percorso formato da una lunga serie di calli spaziose che va dalla ferrovia a campo Ss. Apostoli, mentre solo una parte di esso è in realtà la Strada Nova.
La sua costruzione comincia ad inizio ‘800 e si protrae per quasi tutto il secolo, in varie sessioni di demolizioni delle costruzioni che si trovavano nel suo attuale percorso, trasformando una strada lunga e tortuosa in una spaziosa e disseminata di negozi.
Le altre vie a Venezia sono chiamate “Calli”, dal latino callis, che significa sentiero.
Le calli possono essere molto strette oppure larghe, le “Calli Larghe”, possono essere cieche e chiamarsi “Rami”, quando portano ad un campo senza sbocco o direttamente ad un abitazione.
Le “Salizade” sono le calli che in antichità erano più importanti, e che per questo sono state pavimentate per prime con i masegni, mentre le altre erano pavimentate con mattoni in cotto posti a spina di pesce (come tuttora il campo davanti alla Chiesa della Madonna dell’Orto), oppure erano in terra battuta.
I masegni sono le classiche pietre grigie che dalla prima metà del ‘700 fino al giorno d’oggi ricoprono per la quasi totalità il suolo pubblico veneziano.
Questa pavimentazione è composta da lastre di trachite, una pietra di origine vulcanica estratta nelle cave della zona dei Colli Euganei, in provincia di Padova.
Un altra tipologia di strada a Venezia è la “Ruga”(dal rue francese), quando la calle è particolarmente importante per le attività commerciali che vi si sono installate numerose fino dall’antichità.
A volte la necessità di creare spazi per le strade portava all’interramento di canali, facendoli diventare “Rio Terà” (canale interrato), dove spesso scorre tuttora l’acqua del canale sotto la pavimentazione stradale.
Spesso il bisogno di costruire abitazioni costringeva ad ampliare le case al di sopra della strada, questo è il caso dei “Sotoporteghi” (sottoportici), calli coperte, spesso buie, dove si può vedere il classico soffitto a travi in legno che ogni abitazione veneziana può vantare.
Oltre alla tipologia di strade, anche i nomi propri di queste sono particolari e varie: spesso si riferiscono alla vicinanza antica o attuale ad un convento o una chiesa o a mestieri che venivano praticati in modo concentrato, oppure prendono nome da qualche personaggio famoso che abitava in zona, ma anche da persone comuni che per qualche motivo avevano acquistato fama locale.
Se non vi fosse bastata la difficoltà nel districarsi con le differenze tra le varie tipologie di strade veneziane, a volte sottili per chi non è abituato a confrontarsi con esse ogni giorno, aggiungo per finire che può capitare spesso che il nome di una calle si ripeta in zone completamente diverse della città, portando il visitatore distratto o superficiale a perdere inesorabilmente la propria strada.
Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Strada_Nova
https://it.wikipedia.org/wiki/Calle
La Fondamenta veneziana
Venezia è una città particolare e unica, come i nomi delle parti che la compongono sono diversi da qualunque altra città al mondo.
A Venezia c’è solo una strada, la “Strada Nova” e solo una piazza, “Piazza San Marco”.
Camminando per Venezia le uniche indicazioni stradali che potete trovare sono i nizioleti (termine veneziano che significa lenzuolino).
I nizioleti sono delle pitture parietali dipinte direttamente sull’intonaco dei palazzi, ed indicano nomi, direzioni e numeri civici.
L’aspetto di queste atipiche indicazioni stradali è inconfondibile: si presentano come riquadri bianchi (da qua il riferimento al piccolo lenzuolo) bordati di nero recanti all’interno lettere, numeri e frecce dipinte a mano in nero tramite l’uso di stampi.
Una parola che troverete spesso sarà Fondamenta o Fondamente.
La Fondamenta è la strada che si affaccia sull’acqua, proprio come quella che io sto guardando ora dal mio laboratorio.
Ci possono essere diversi tipi di fondamenta, ma tutte presenteranno qualche riva, l’approdo per le barche, con dei gradini in pietra d’Istria che scendono nel canale e che solitamente sono ricoperti da alghe scivolose che catturano i turisti ignari e li trasportano in acqua.
Alcune fondamenta presentano dei parapetti in ferro battuto, intervallati da colonnine in metallo o pietra d’Istria, mentre altre presentano parapetti in muratura coperti da pietra.
Alcune fondamenta sono completamente sprovviste di parapetti e presentano solo una striscia di pietra d’Istria lungo il bordo che costeggia i canale.
Ci sono fondamenta particolarmente ampie e lunghe come quella delle Zattere, che costeggia tutto il Canale della Giudecca.
Altre fondamenta non sono molto larghe ma sono molto lunghe e vi si affacciano molte attivià commerciali, come la Fondamenta della Misericordia che ho voluto raffigurare in una mia incisione e che prosegue cambiano nome nella Fondamenta dei Ormesini, dove si trova il mio studio.
La fondamenta ha il fascino particolare di rappresentare l’unione tra terra e acqua, in una città che vive in bilico tra questi due elementi e che riesce a prendere il meglio da entrambi trasformandoli in una magia unica.
Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Fondamenta_(Venezia)
http://www.venezia.travel/blog-eventi/curiosita/le-fondamente-o-fondamenta-di-venezia-cosa-sono.html
http://www.myveniceapartment.com/it/venezia-calle-fondamenta-rio-e-salizada/
Due anni e non sentirli: buon compleanno Plum Plum Creations!
SAVE THE DATE: 7 APRILE
Sembra solo ieri quando ho aperto il mio studio, tra mille problemi e intoppi… e invece questo è il secondo compleanno che festeggeremo insieme!!
Il secondo compleanno di Plum Plum Creations, come al solito, è un’occasione per incontrare vecchi e nuovi amici nello studio di Fondamenta dei Ormesini n. 2681.
Festeggeremo insieme come ormai da tradizione: bevendo e divertendoci!
Vi aspetto tutti presso lo studio il 7 aprile, dalle 18:00
Arianna
PS Puoi confermare la tua partecipazione anche sull’Evento dedicato nella mia pagina Facebook cliccando qui
Bicentenario delle Gallerie dell’Accademia – Canova, Hayez, Cicognara
L’anno appena passato ha visto la celebrazione del bicentenario delle Gallerie dell’Accademia, uno dei maggiori musei veneziani, che raccoglie la migliore collezione di arte veneziana e veneta, soprattutto legata ai dipinti del periodo che va dal XIV al XVII secolo.
Le Gallerie nascono nel 1817, un momento speciale nella storia artistica di Venezia, che segna il risveglio culturale della città, ritrovando l’antica gloria e arrestando il declino seguito dalla caduta della Serenissima.
Tra i maggiori artisti rappresentati all’ Accademia figurano Tintoretto, Tiziano, Canaletto, Giorgione, Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio e Veronese.
Oltre alle opere pittoriche, nella Gallerie si possono osservare anche sculture e disegni, tra i quali il celebre Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, che viene esposto solo in occasioni particolari.
La mostra, che sarà visitabile fino al 2 aprile del 2018, celebra gli anni cruciali del rilancio culturale, cominciati nel 1815 col ritorno da Parigi dei quattro cavalli di San Marco e del leone della colonna sul molo di san Marco, opere simbolo di Venezia sottratte nel 1798 dall’esercito di Napoleone, e finisce con la morte di Canova nel 1822 a Venezia.
Sono tre i personaggi chiave attorno a cui ruota la mostra: Cicognara, Canova and Hayez.
Il conte Leopoldo Cicognara, (Ferrara 1767 – Venezia 1834) intellettuale, storico dell’arte e biografo, impegnato nella salvaguardia e valorizzazione del passato e allo stesso tempo nel sostegno all’arte contemporanea di quegli anni.
Fu presidente dell’Accademia di Belle Arti dal 1808, dove ebbe risultati importanti nell’aumento del numero dei professori, nell’istituzione di premi per gli studenti e nel miglioramento dei corsi di studi.
Fu anche il creatore della Galleria per l’esposizione delle pitture veneziane che celebra ora i 200 anni di vita.
Antonio Canova, (Possagno 1757 – Venezia 1822) celebre scultore ritenuto il massimo esponente del Neoclassicismo europeo in scultura ed incaricato del recupero delle opere d’arte rubate da Napoleone durante l’occupazione.
Fu molto apprezzato anche durante il Romanticismo, specialmente in Italia, dove fu in grado di accendere l’orgoglio nazionale durante l’epopea risorgimentale, al punto da essere ritenuto il genio tutelare della nazione.
Francesco Hayez, (Venezia 1791 – Milano 1882)
pittore veneziano innovatore e poliedrico, maggiore esponete in Italia della corrente romantica, lasciò un segno indelebile nella storia dell’arte italiana grazie alle sue opere, molte delle quali contengono un messaggio politico risorgimentale nascosto.
Cicognara, in un epistola inoltrata all’amico Canova nel 1812, scriveva di come ambisse a vedere Hayez diventare interprete delle ispirazioni nazionali, in grado di dare nuova linfa alla grande pittura italiana.
La mostra attuale è articolata in dieci sezioni tematiche, tra cui spicca la riunione della serie di manufatti inviati nel 1818 alla corte di Vienna per il matrimonio dell’imperatore Francesco I, noti come l’”Omaggio delle Provincie Venete”, che ritornano a Venezia per la prima volta dopo duecento anni.
All’interno dell’esposizione anche dipinti, gruppi scultorei, due are e altrettanti grandi vasi di marmo, un tavolo realizzato in bronzo e legno con il piano ricoperto da pregiati vetri di Murano e preziose rilegature rappresentanti della più alta produzione artistica del Neoclassicismo veneto.
Nel percorso di visita è esposta anche la Musa Polimnia di Canova, ultimata nel 1816, che vanta una storia a dir poco rocambolesca, che viene raccontata per la prima volta in questa occasione.
Nel 1898, dopo la morte dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, la scultura passa nella collezione della nipote, l’Arciduchessa Elisabetta Maria d’Austria, figlia di Rodolfo d’Asburgo-Lorena.
Nel 1942, dopo 2 anni di trattative e l’esborso di una cifra esorbitante, la Musa Polimnia diventa proprietà di Adolf Hitler, che la vuole per il suo Fuhrermuseum di Linz.
Ritrovata dagli Americani nel 1942 in un castello, viene trasferita a Monaco, in Germania.
Solo nel 1964 la statua fa ritorno ad Hofburg, nelle stesse sale che l’avevano ospitata sino al 1929, per poi trasferirsi per qualche mese nei saloni delle Gallerie dell’Accademia a Venezia.
Fonti:
http://www.veneziatoday.it/eventi/canova-hayez-cicognara-gallerie-accademia-venezia.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Gallerie_dell%27Accademia
http://www.gallerieaccademia.it/canova-hayez-cicognara-lultima-gloria-di-venezia-0
http://www.mostrabicentenariogallerie.it/
https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Canova
https://it.wikipedia.org/wiki/Leopoldo_Cicognara
https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Hayez
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=54874&IDCategoria=264