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Toponomastica veneziana: Campi, Campielli, Corti

Se a Venezia non ci sono strade ma calli (a parte poche eccezioni, come abbiamo imparato leggendo questo articolo), lo stesso discorso vale per le piazze: se sentite parlare di “piazza”, non potrete che riferirvi a Piazza San Marco, l’unica e sola Piazza di Venezia.
Tutte le altre zone della viabilità che nel resto del mondo si chiamano piazze, a Venezia sono Campi.
Il campo, come si deduce dal termine, in antichità era ricoperto d’erba ed adibito alla coltivazione, con orti e alberi da frutto, oppure vi si potevano trovare pecore o cavalli al pascolo.
Solo più recentemente i campi sono stati lastricati, ma esiste ancora una testimonianza di come dovevano apparire i campi ai tempi della Serenissima, per vederla basta visitare il campo di San Pietro di Castello, con i suoi prati e alberi.

 

San Pietro di Castello

 

Il significato sociale del campo è sempre stato molto forte, essendo Venezia una città policentrica, costruita su numerose isole che vivevano una vita a sè stante.
Lo spazio aperto attorniato da case era un luogo di ritrovo per gli abitanti, dove si svolgeva il mercato e affacciavano le botteghe artigiane.
Nel campo affacciava sempre una chiesa, con annesso cimitero; la funzione del campo come luogo di sepoltura è ancora indicata in alcuni casi con la presenza di un area sopraelevata di più di un metro rispetto alla normale viabilità (Napoleone ha poi vietato la pratica della tumulazione nei campi, spostando il cimitero nell’attuale isola di San Michele).

 

Campo San Trovato e il suo ex cimitero

 

Nei campi più grandi si svolgevano anche processioni e manifestazioni religiose, oltre a tornei e discorsi pubblici.

Anche in tempi molto più recenti, il campo è stato (ed è tuttora, anche se lo spopolamento di Venezia fa sentire drammaticamente i suoi effetti) il luogo di ritrovo dei bambini che giocavano soprattutto a calcio o ai giochi più diversi, come il salto della corda o andare sui pattini.

 

Campo dei Gesuiti con bambini che giocano a calcio

 

Altra figura immancabile in ogni campo era il pozzo, unica fonte di approvvigionamento idrico della città, prima della costruzione dell’acquedotto.
Fortunatamente si possono tuttora ammirare i numerosissimi pozzi con le loro vere da pozzo finemente lavorate, anche se inutilizzati (sul funzionamento dei pozzi leggi questo articolo).
I campi devono il loro nome spesso a chiese che vi sorgono (o sorgevano), ma anche a famiglie importanti che vi risiedevano o a mestieri che in antichità vi venivano svolti.

 

Quando il campo è di dimensioni ridotte si parla di Campiello, spesso solo uno slargo della calle o un appendice di un campo pi grande, è solitamente privo di pozzo e attorniato da case.

Nel campiello la vita sociale era ancora più tipica, perché di fatto formava il centro di un micro quartiere, dove si intesseva il tessuto sociale della città, con i pettegolezzi, i litigi e il chiacchiericcio popolare di una città viva e affollata. Carlo Goldoni nella sua commedia “Il campiello” racconta proprio queste abitudini.
L’importanza del campiello è testimoniata anche dal nome dato all’importante premio letterario Il campiello, uno dei più prestigiosi e conosciuti premi letterari italiani.

 

Campiello

 

Ancora più piccolo del campiello è la Corte, che solitamente ha una sola entrata attraverso un sottoportico o una calle a volte munita di cancello. Di fatto la corte era considerata un estensione della casa, dove si potevano trovare le donne di casa che, durante la bella stagione, sedute di fianco alla loro porta, svolgevano attività casalinghe come la pulizia di pesce e verdure, il cucito e il ricamo, e la pratica dell’infilare perline in un filo per la fabbricazione di collane, attività tipica che in dialetto viene chiamata “impiraperle”.

Corte

 

Fonti

https://venicewiki.org/wiki/Campo
https://www.innvenice.com/Toponomastica-Venezia.htm
https://venipedia.it/it/campi
https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_(Venezia)
https://it.wikipedia.org/wiki/Campiello
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_(Venezia)

Vogalonga 2017 – 43esima edizione

Mancano solo tre giorni alla 43esima edizione della Vogalonga qui a Venezia!

La Vogalonga è una regata di imbarcazioni a remi “non competitiva” che si tiene a Venezia nel mese di maggio.

Durante una regata svoltasi l’11 novembre 1974 tra un gruppo di veneziani, sia dilettanti che professionisti, nacque l’idea di istituire una regata dedicata a tutti gli appassionati della voga veneta, per rilanciare quest’antica tradizione e per sostenere una campagna contro il degrado e il moto ondoso nella Laguna di Venezia.

Di questi propositi, si fecero promotori principalmente Lauro Bergamo, all’epoca direttore de Il Gazzettino, oltre a Toni Rosa Salva e Giuseppe Rosa Salva, spesso impegnati in prima persona per la salvaguardia di Venezia.

Il percorso, lungo circa 30 km, fu studiato per toccare dei luoghi significativi e centrali di Venezia, come il Bacino di San Marco ed il Canal Grande, e per raggiungere le zone ad essa limitrofe, tra cui Burano e Murano, per rientrare a Venezia dal Canale di Cannaregio, che immette nel Canal Grande e terminare dinanzi alla Punta della Salute.

La prima Vogalonga si svolse l’8 maggio 1975.

Già da questa prima edizione parteciparono circa 1.500 regatanti.

Con le successive edizioni, la Vogalonga vide gradualmente aumentare consenso e partecipazione, arrivando a superare le gli 8.000 iscritti quest’anno (record assoluto), con regatanti provenienti ormai da tutto il mondo e con ogni genere d’imbarcazione a remi.

Tutti i partecipanti arrivati al traguardo ricevono una medaglia commemorativa ed un certificato di partecipazione.

Grazie a www.vogalonga.com

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