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Scala Contarini del Bovolo

Palazzo Contarini del Bovolo è un edificio tardo gotico nel sestiere di San Marco, nelle vicinanze di Campo Manin, che si affaccia sul rio di San Luca.

Il Palazzo, costruito tra il Trecento e il Quattrocento, era la dimora della famiglia Contarini “di San Peternian”.

Nel 1499 Pietro Contarini, Marco Contarini e Giovanni Battista Contarini, senatori della Serenissima Repubblica di Venezia, fecero aggiungere la famosa scala a chiocciola (bovolo significa chiocciola in veneziano) che da quel momento ha dato il nome non solo al palazzo ma a tutta la famiglia, che viene soprannominata Contarini “dal Bovolo”.

La scala rappresenta una perfetta sintesi di diversi stili, con i suoi elementi rinascimentali, la tecnica costruttiva tipica del gotico e la forma veneto-bizantina.

 

Inizialmente la scala aveva il solo scopo di ornamento della facciata interna del palazzo, per accrescere il prestigio e la popolarità della casata.

All’inizio dell’Ottocento il palazzo fu acquistato dalla ditta Emery, dalla quale fu affittato da Arnoldo Marseille, che vi aprì l’albergo detto “del Maltese” nel 1803, e da cui proviene il nome della corte (corte del Maltese) sulla quale si affaccia i palazzo.

Nel 1859, dal belvedere della torre Wilhem Tempel, litografo tedesco e dilettante in astronomia, scoprì una cometa che porta il suo nome.

L’attuale proprietario ha disposto nel cortiletto retrostante un importante collezione di vere da pozzo, che fanno da cornice alla facciata con la scala a chiocciola più imponente e pregevole di Venezia.

Dalla metà dell’Ottocento fino agli inizi del Novecento la storia del Palazzo si lega con le vicende dell’assistenza a Venezia, fino a quando diventa sede dell’IRE (Istituzione di Ricovero ed Educazione), che amministra le istituzioni di ricovero sparse per la città.

 

Clicca qui per vedere l’acquerello “Scala Contarini del Bovolo” >

Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Contarini_del_Bovolo
https://it.wikipedia.org/wiki/Contarini#Contarini_dal_Bovolo
http://www.scalacontarinidelbovolo.com
https://it.wikipedia.org/wiki/Ernst_Wilhelm_Tempel

Vogalonga 2017 – 43esima edizione

Mancano solo tre giorni alla 43esima edizione della Vogalonga qui a Venezia!

La Vogalonga è una regata di imbarcazioni a remi “non competitiva” che si tiene a Venezia nel mese di maggio.

Durante una regata svoltasi l’11 novembre 1974 tra un gruppo di veneziani, sia dilettanti che professionisti, nacque l’idea di istituire una regata dedicata a tutti gli appassionati della voga veneta, per rilanciare quest’antica tradizione e per sostenere una campagna contro il degrado e il moto ondoso nella Laguna di Venezia.

Di questi propositi, si fecero promotori principalmente Lauro Bergamo, all’epoca direttore de Il Gazzettino, oltre a Toni Rosa Salva e Giuseppe Rosa Salva, spesso impegnati in prima persona per la salvaguardia di Venezia.

Il percorso, lungo circa 30 km, fu studiato per toccare dei luoghi significativi e centrali di Venezia, come il Bacino di San Marco ed il Canal Grande, e per raggiungere le zone ad essa limitrofe, tra cui Burano e Murano, per rientrare a Venezia dal Canale di Cannaregio, che immette nel Canal Grande e terminare dinanzi alla Punta della Salute.

La prima Vogalonga si svolse l’8 maggio 1975.

Già da questa prima edizione parteciparono circa 1.500 regatanti.

Con le successive edizioni, la Vogalonga vide gradualmente aumentare consenso e partecipazione, arrivando a superare le gli 8.000 iscritti quest’anno (record assoluto), con regatanti provenienti ormai da tutto il mondo e con ogni genere d’imbarcazione a remi.

Tutti i partecipanti arrivati al traguardo ricevono una medaglia commemorativa ed un certificato di partecipazione.

Grazie a www.vogalonga.com

Festa della Sensa

Domenica prossima qui a Venezia sarà la festa della Sensa, e celebriamo questo giorno molto speciale. Vi dirò un paio di cose su questa tradizione veneziana.

La Festa della Sensa (in italiano “Ascensione”) era una festività della Repubblica di Venezia, che coincideva col giorno dell’ Ascensione di Cristo, l’ultimo capitolo della sua vita terrena quando, dopo 40 giorni dalla sua morte e risurrezione è asceso al cielo con il suo corpo per unirsi al padre.

La Festa della Sensa commemorava due eventi importanti per la Repubblica di Venezia.

Il primo era il 9 maggio dell’anno 1000, quando il doge Pietro ll Oseolo partì per la conquista della Dalmazia minacciata dagli Slavi, dando inizio all’espansione di Venezia nell’Adriatico.

Il secondo evento è collegato al trattato di pace che il doge Sebastiano Ziani, Papa Alessandro lll e l’imperatore Federico Barbarossa stipularono a Venezia nel 1177, ponendo fine alla diariba secolare tra Papato e Impero e collocando la Repubblica di Venezia accanto alle altre due superpotenze di allora: il Sacro Romano Impero e il Papato.

In occasione della Festa della Sensa veniva celebrato lo Sposalizio del Mare, una cerimonia che simboleggiava il dominio marittimo di Venezia e il suo intimo rapporto col mare.

Originariamente si svolgeva una solenne processione di imbarcazioni, guidata dalla nave del doge (dal 1253 il Bucintoro, la galea di stato dei dogi di Venezia) che usciva dalla laguna attraverso la bocca di porto del Lido.

 

Arrivata alle acque antistanti la chiesa di San Nicolò, patrono dei naviganti, veniva recitata una preghiera che invocava mare calmo e tranquillo per tutti i naviganti. Infine il doge e gli altri officianti venivano aspersi con l’acqua santa, il resto della quale veniva versato in mare.

Ogni anno il doge lasciava cadere un anello consacrato nel mare recitando :“Ti sposiamo, mare. In segno di vero e perpetuo dominio” (“Desponsamus te, mare. In signum veri perpetuique dominii..”) dichiarando Venezia e il mare indissolubilmente uniti, ribadendo il possesso sul mare Adriatico.

Secondo la leggenda su cui si basa il mito di Venezia, nel 1177 papa Alessandro lll avrebbe conferito un carattere di sacralità a questa antica cerimonia.

I riti dell’espiazione dei peccati verso il mare risalgono all’antichità, come quello narrato da Erodoto, dove Policrate, il tiranno di Samo, lancia un prezioso anello in mare per placare gli dei, o quello di Sant’Elena Imperatrice, che lanciò un chiodo della Vera Croce nel Mar Adriatico per rendere favorevoli i venti.

Secondo vari studi archeologici il “matrimonio col mare” dei veneziani e la cerimonia dell’anello deriva da un antico rito pagano che la Chiesa ha fatto proprio successivamente.

Dal 1965 il comune di Venezia, in occasione della festa dell’Ascensione, organizza una rievocazione storia dell’antico sposalizio del mare.

Il sindaco del comune di Venezia presiede la cerimonia a bordo della “bissona” Serenissima, un imbarcazione veneziana a remi di tipo speciale, caratterizzata da ricche decorazioni carattere tematico e spinta da otto vogatori. Dopo aver raggiunto, insieme ad un corteo di imbarcazioni, la bocca di porto verso la chiesa di San Nicolò del Lido, getta l’anello benedetto dal patriarca di Venezia nel mare.

La cerimonia è accompagnata da regate in cui vengono indossati vecchi costumi tradizionali.

Ogni anno il comune di Venezia ripropone questa celebrazione, che fa rivivere la millenaria storia della Serenissima, il suo intimo rapporto con il mare e con la pratica della Voga alla Veneta.

Ca’ Dario, il palazzo maledetto

Un destino terribile ha unito le storie dei proprietari di questo bellissimo palazzo, tanto da essere definito “maledetto”.

Palazzo Dario (meglio conosciuto come Ca’ Dario) è un palazzo che si affaccia sul Canal Grande a Venezia.

Fu costruito da Giovanni Dario, affascinato dai luoghi e dal paesaggio incantevole.

Nel 1479 Marietta, figlia di Giovanni, si suicidò per il fallimento economico del marito Vincenzo Barbaro, che morì pugnalato. Anche il loro figlio subì una morte violenta, infatti morì in un’imboscata a Creta. Queste tre morti fecero scalpore tra i veneziani, che anagrammarono l’iscrizione sulla facciata, trasformando “VRBIS GENIO IOANNES DARIVS” in “SVB RVINA INSIDIOSA GENERO” (in latino “Genero sotto una rovina insidiosa”).

I discendenti della famiglia Barbaro vendettero la villa ad Arbit Abdoll, un mercante armeno di pietre preziose, che finì in rovina poco dopo aver preso possesso dell’abitazione.

L’inglese Radon Brown andò incontro al suo destino nel 1838, quando divenne il nuovo proprietario di Ca’ Dario. In soli quattro anni subì un tracollo finanziario e venne scoperta la sua relazione omosessuale: lo scandalo lo travolse a tal punto che nel 1842 si suicidò nel palazzo insieme al compagno.

Non fece meglio l’americano Charles Briggs, che dovette fuggire da Venezia a causa delle continue voci sulla sua omosessualità: fuggì in Messico, dove il suo amante si suicidò.

Agli inizi del ‘900 Dario ospitò il poeta francese Henri de Regnier; ma una grave malattia colpì lo scrittore, che non poté più tornare a Venezia.

Per decenni l’edificio rimase vuoto, fino al 1964 quando il tenore Mario del Monaco iniziò le trattative per l’acquisto dell’immobile. Ma l’artista, mentre si recava a Venezia per definire i dettagli del contratto, fu coinvolto in un grave incidente d’auto che lo costrinse ad una lunga riabilitazione e lo spinse a decidere di rinunciare all’acquisto.

Qualche anno dopo Ca’ Dario fu acquistato dal conte torinese Filippo Giordano delle Lanze, ucciso all’interno dell’edificio nel 1970 da un marinaio croato di nome Raul Blasich, con il quale aveva una relazione. Blasich è poi fuggito a Londra, dove fu assassinato.

Il palazzo fu poi acquistato da Kit Lambert, manager del gruppo rock The Who, che morì poco tempo dopo a Londra scendendo le scale. Anche se sosteneva di non credere alla maledizione, Lambert aveva detto ad alcuni amici di dormire nel vicino chiosco dei gondolieri dell’Hotel Gritti per “sfuggire ai fantasmi che lo perseguitarono nel Palazzo“.

Fabrizio Ferrari, un uomo d’affari veneziano, acquistò la casa negli anni ’80 e vi si trasferì con la sorella Nicoletta. Ferrari non è morto, ma ha perso tutti i suoi beni dopo aver preso possesso dell’edificio, mentre la sorella è morta in un incidente d’auto senza testimoni.

Alla fine degli anni ’80 l’edificio fu acquistato dal finanziere Raul Gardini che volle fare un regalo alla figlia. Gardini, dopo una serie di battute d’arresto economiche e il coinvolgimento nello scandalo di Tangentopoli, si suicidò nel 1993 in circostanze mai del tutto chiarite.

Dopo la morte di Gardini, nessuno voleva più comprare Ca’ Dario, e la prima società di brokeraggio che era stata incaricata di vendere l’immobile si arrese e qualsiasi trattativa si arenò. Alla fine degli anni ’90 il regista e attore Woody Allen sembrava disposto ad acquistare l’edificio, ma poi ha rinunciato. Nel 2002, una settimana dopo aver affittato Ca’ Dario per una vacanza a Venezia, il bassista John Entwistle morì a causa di un infarto.

Nel 2006 la proprietà è stata ceduta a un’azienda americana per conto di un acquirente sconosciuto ed è attualmente in fase di ristrutturazione.

 

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L’arte della stampa a Venezia

Nel XV° secolo la Repubblica di Venezia raggiunse l’apice della sua espansione.

Nessuno stato europeo avrebbe mai più potuto vantare un futuro così luminoso e un così lungo periodo di continuità.

La “Serenissima” è stata particolarmente aperta a tutte le filosofie religiose, a condizione che nessuna di queste minacciasse la sua sicurezza.

I primi stampatori arrivati a  Venezia erano tedeschi, seguiti da francesi, fiamminghi, olandesi, svizzeri, cretesi oltre che stampatori istriani e molti italiani.

Un folto gruppo di “umanisti riformisti” fuggì a Venezia, e tra questi vi era Aldo Manuzio (https://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Manuzio)

La libertà di stampa era garantita e incoraggiata, soprattutto perché l’espansione della stampa era diventata una buona fonte di reddito nel giro di pochi anni. L’editoria veneziana non solo chiedeva la collaborazione degli stampatori, ma li stimolava anche a sperimentare. Il Senato nel 1537 impose addirittura delle sanzioni severe per gli editori che usavano carta di bassa qualità.

E’ logico quindi supporre che gli autori vedevano Venezia non solo come la città in cui c’era la possibilità di pubblicare i propri lavori, ma anche come il posto in cui c’erano i servizi necessari per ospitarli- oltre alla possibilità ovviamente di discutere e confrontare le proprie esperienze individuali.

Quasi 200 macchine da stampa operavano a Venezia verso la fine del XV° secolo (1488).

L’Arte della stampa è stata riconosciuta ufficialmente a Venezia il 18 settembre 1469- il giorno in cui il Senato riconobbe che Johann von Speyer aveva introdotto e sviluppato l’arte a Venezia.

La “Scuola dei Stampatori e Libreri” si riuniva sempre nel monastero domenicano di Santi Giovanni e Paolo (l’attuale ospedale).

Il clima culturale di cui godevano gli stampatori a Venezia è stato quella di una città pronta ad accogliere tutte le scuole di pensiero e le varie tendenze, filtrandole e trasformandole in proprio patrimonio peculiare. Una vera e propria università non è mai stata istituita a Venezia. Esistevano tuttavia numerosi centri culturali, come il Circolo del grecista Giovanni Lascaris e le scuole di Rialto e San Marco che tenevano lezioni di filosofia morale e di retorica (aperte solo alla nobiltà).

Ci sono stati importanti centri di discussione intellettuale con splendide librerie collegate ad essi nei monasteri delle chiese di Santi Giovanni e Paolo, Santo Stefano, S. Francesco della Vigna, San Michele in Isola e Sant’Antonio a Castello.

 

ALDO MANUZIO E IL SUO MARCHIO

Aldo Manuzio non era solo uno stampatore, ma un vero e proprio editore. Uomo straordinariamente erudito, ha aiutato a preservare molti testi e ha raggiunto ottimi risultati.

Il primo studio dello stampatore era in Calle del Pistor, al numero 2343, nei pressi di Campo Sant’Agostin; si trasferì successivamente in Calle San Paterniano vicino a quello che è ora Campo Manin nel 1508.

Come stampatore ha pubblicato la Hypnerotomachia Poliphili nel 1499 per l’editore Leonardo Crasso a Verona.

E’ stato famoso anche per aver inventato il proprio carattere (font), probabilmente con l’aiuto del filosofo Frate Luca Pacioli e il disegnatore Francesco Griffo di Bologna.

I libri di Manuzio erano tenuti in grande considerazione e ha ricevuto numerosi riconoscimenti in tutta Europa, ma proprio per questo era oggetto di imitazioni e contraffazioni da parte di altri editori, in particolare a Firenze e Lione.

La sua stamperia divenne un circolo letterario. Manuzio era consapevole della sua grande responsabilità: convocava gli umanisti più importanti del tempo in Italia per utilizzarli come correttori (non solo traduttori e revisori di bozze, ma veri e proprio editori e consulenti editoriali).

Anche la sua scelta della carta -prodotta dalla cartiera Fabriano (la migliore sul mercato), formato 32 x 42 cm- ha portato a risultati sorprendenti. Una volta piegato a metà, ha ottenuto il “folio” (32 x 21 cm), in quattro il “quarto” (16 x 21 cm), in tre l’”ottavo” (10,5 x 16 cm). Manuzio ha progettato e iniziato ad usare l’”ottavo” con grande successo commerciale: in altre parole, aveva già inventato il libro in brossura (libro tascabile o “encheridio”) nei primi anni del XVI° secolo.

Nel maggio del 1502 Manuzio fondò un’accademia, il “Neacademia dei filelleni“, detta anche Accademia Aldina. Ha incoraggiato i rapporti commerciali, di collaborazione e di amicizia con le migliori menti del tempo, ed era un editore molto prolifico.

Grazie alla sua esperienza, il talento e l’abilità, il Senato ha nominato Manuzio come stampatore ufficiale della Repubblica di Venezia il 14 novembre 1502, dopo essere stato sponsorizzato da Marin Sanudo il Giovane (1466-1536).

E’ unanimemente accettato che il suo marchio di fabbrica (un’ancora e un delfino) si riferisca al motto “Festina lente” (“Affrettati lentamente”) attribuito da Svetonio a Ottaviano Augusto.

Grazie a Franco Filippi

Fonte: The Art of printing in Venice by Franco Filippi (http://www.venicethefuture.com/schede/uk/323?aliusid=323)

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